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Informazioni Isola d'Ischia Enogastronomia Il vitigno della Tenuta Calitto a Forio

Il vitigno della Tenuta Calitto a Forio - Isola d'Ischia

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Il vitigno della Tenuta Calitto a Forio

Excursus sull'evoluzione delle tecniche di manutenzione del vitigno sull'isola d'Ischia.

Andando in giro per Ischia i più attenti avranno sicuramente notato che buona parte dei vitigni viene ancora allevata in altezza, accanto ad altri, minori per numero, che al contrario si presentano più bassi e con una maggiore distanza tra i filari.

Anche senza essere esperti, questa differenza è presto spiegata: nel primo caso viene privilegiata la resa quantitativa della vite, assecondandone la crescita in altezza per compensare la limitata estensione della superficie coltivata; nel secondo, invece, è più probabile che si tratti di produzioni non destinate al consumo domestico e quindi coltivate in maniera professionale, alla ricerca del giusto equilibrio tra la quantità di uva raccolta e la qualità del prodotto finito.

Chi è incuriosito dall’evoluzione delle tecniche colturali della vite, visitando la bellissima Tenuta Calitto a Panza (Forio), troverà le giuste risposte su cosa significa al giorno d’oggi allevare in maniera moderna un vitigno. Innanzitutto la forma di allevamento scelta, il Guyot semplice, garantisce una buona resa della pianta in quei terreni sottoposti a periodi di siccità abbastanza lunghi, come accade di frequente a Ischia nei tre/quattro mesi estivi.

Si tratta di un sistema di potatura misto che si caratterizza per avere un'altezza del tronco (o testata) variabile tra i 30 e i 100 cm, sul quale è inserito un tralcio [o capo a frutto (mediamente 6 - 12 gemme)], che viene piegato in direzione del filare (o cortina) e una porzione di tralcio [o sperone (con 1-2 gemme)] utilizzato per garantire i rinnovi per l'anno successivo.

Sia i germogli che i rinnovi vengono legati ai filari di sostegno situati sopra il tronco [il primo filare (generalmente sono 3) è realizzato a 15/20 cm dal tronco] e, a loro volta, sono sostenuti da pali di altezza variabile fino a 2 mt, distanziati in media a circa 5 mt l’uno dall’altro.



Nel mese di febbraio, quindi sul finire del periodo più freddo dell’anno, viene effettuata la potatura della vite che consiste nell’asportare il tralcio che ha prodotto nell’anno precedente (taglio del passato), sostituendolo con il tralcio sorto dalla gemma posizionata più in alto fra le due gemme dello sperone lasciato l’anno precedente (taglio del presente).

Infine si sperona a 2 gemme il tralcio sorto dalla gemma posizionata più in basso fra le due germogliate dallo sperone (taglio del futuro). È buona norma derogare alla regola delle 2 gemme per sperone, lasciando che ne crescano delle altre (non molte) per evitare che durante la manutenzione periodica del terreno i danni arrecabili al vigneto con il trattore, la fresa, il vibrocultore, pregiudichino l’intero processo produttivo.

Questa precauzione ci porta dritti dritti alla descrizione dellle attrezzature impiegate nella cura del terreno che ospita l’impianto, senza dimenticare i macchinari utilizzati nell’importantissimo processo di defoliazione delle viti.

Nel caso della Tenuta Calitto a disposizione delle maestranze c’è naturalmente il trattore, cui viene attaccato l'erpice (o frangizolle) al fine di smuovere il terreno per garantirne una migliore ossigenazione. C’è la fresa (o motozappa) - evoluzione meccanica delle più tradizionali zappa e vanga - con cui si procede al lavoro di preparazione superficiale del terreno. C’è soprattutto il vibrocultore, che ha la fondamentale funzione di livellare il terreno.

Non meno importanti la defogliatrice e la cimatrice, utilizzate per spogliare il vitigno ai fianchi e in altezza (1 mese o, al massimo, 3 settimane prima della vendemmia) e lo zolforatore e il nebulizzatore, utilizzati per la periodica e fondamentale somministrazione del solfato di rame, l’anticrittogamico di più comune utilizzo in viticoltura.

Da ultimo c’è la trinciatrice che viene utilizzata per limitare la crescita di vegetazione infestante tra i filari di vite, senza tuttavia eliminarla del tutto, poiché, trattenendo l’umidità nei mesi caldi, comunque garantisce una sufficiente idratazione del terreno pur in assenza di acqua piovana. La trinciatrice è utilizzata anche al termine della potatura per trasformare in compost i tralci eliminati. In alternativa, in ossequio alle vecchie consuetudini contadine, i tralci potati possono essere riutilizzati come fasci di legno (o fascine), per il fuoco domestico o anche come delimitatori di confine.

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